Il mese scorso, il governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney ha lanciato l’allarme sul deterioramento degli standard dei finanziamenti1. Nel criticare il mercato dei leveraged-loan, Carney si è unito alla Federal Reserve americana, al Fondo Monetario Internazionale e alla Banca dei Regolamenti Internazionali.
Perchè questa preoccupazione?
Negli ultimi anni, il mercato dei leveraged-loan è diventato sempre più competitivo: ingenti flussi di capitale su fondi di private debt e CLO, uniti a un miglioramento dei bilanci delle banche, hanno guidato al rialzo la domanda di finanziamenti, in particolare sul segmento più facilmente accessibile delle società a grande capitalizzazione, ovvero con un EBITDA superiore a 75 milioni di euro.
In questo scenario, i finanziatori hanno dovuto competere offrendo prestiti con livelli di leva finanziaria più elevati e/o condizioni meno stringenti. Nel corso degli ultimi tre anni, il livello di leva finanziaria totale sul mercato delle grandi capitalizzazioni è gradualmente aumentato, passando da 4,8x a 5,4x2. C’è stata comunque una minima tregua: la quota media di capitale proprio apportato dal private equity - vero ammortizzatore del debito - è rimasta stabile a circa il 50% nello stesso periodo di tempo (rispetto a un risultato del 34% nel 2007)3.
Ma dietro tutto questo vi è una tendenza preoccupante: al fine di riuscire a competere, i finanziatori hanno rinunciato alle garanzie fornite nella documentazione sottostante che regola un prestito (vedi Figura 1). Questo ha portato a:
• un incremento dei prestiti cosiddetti cov-lite, prestiti senior che non offrono ai finanziatori la sicurezza di controlli periodici sul rispetto dei convenant;
• l’allentamento del cosiddetto headroom (in caso di presenza di covenant); e
• l’inclusione di un numero crescente di add-back relativamente all’EBITDA, utilizzato per calcolare la leva finanziaria (rapporto debito/EBITDA)
Figura 1. Erosione della protezione nel mercato delle large cap
Fonte: S&P Global Market Intelligence al Q4 2018.
Cosa sono i maintenance covenant?Fino al 2013, era pratica comune includere pacchetti di maintenance covenant nella documentazione relativa ai prestiti. L’impresa che contraeva un prestito doveva soddisfare controlli finanziari periodici, i cosiddetti maintenance covenant, test sui rapporti finanziari tra debito/EBITDA, interesse/EBITDA e cash-to-debt-service. Utilizzando le previsioni del management come base di calcolo, a questi rapporti si applicava un livello di headroom di circa il 25-30% per generare i test sui covenant. Il mancato superamento di uno qualsiasi di questi parametri avrebbe comportato un’inadempienza del prestito. I maintenance covenant, tarati su un livello di headroom sensibile, rivestono un ruolo molto importante nel proteggere gli investitori:
In loro assenza, i finanziatori potrebbero non essere in grado di adottare alcuna misura fino a quando le condizioni finanziarie dell’impresa finanziata non si siano erose al punto di default o nel caso estremo di deterioramento, dove il valore del prestito sia superiore al valore del soggetto finanziato. |
Prestiti cov-lite e oltre
I prestiti cov-lite sono regolati da una documentazione che non include i maintenace covenant. Al contrario, contengono degli incurrence covenant, che offrono una protezione inferiore per i finanziatori. Gli incurrence covenant sono testati solo al verificarsi di eventi pre-concordati, come ad esempio un significativo utilizzo di una linea di credito revolving o il pagamento di un dividendo, piuttosto che su base ricorrente automatica. Questo significa che le imprese che hanno contratto un prestito possono facilmente evitare controlli sui rapporti finanziari evitando di intraprendere azioni specifiche che innescherebbero gli eventi sopra citati.
Al contrario, i prestiti cov-loose offrono almeno un maintenance covenant, di solito relativo al rapporto debito/EBITDA. Il livello di headroom fissato per il test sul covenant, che corrisponde al punto in cui gli utili dell’impresa che ha contratto il prestito dovrebbero ridursi per innescare un default – è così ampio che qualora dovesse verificarsi un default, i finanziatori avrebbero già perso l’opportunità di avviare un’attività di engagement con l’azienda per cercare di risolvere la questione sottostante e massimizzare il recupero del prestito. In questo tipo di transazione, un direct lender può pretendere che siano evitati prestiti cov-lite, quando in realtà non avviene. Gli investitori devono, quindi, procedere con cautela e informarsi presso i direct lender in merito al livello medio di headroom dei covenant in portafoglio, accertandosi di avere protezioni adeguate.
I maintenance covenant offrono ai finanziatori un importante potere di negoziazione, costringendo il management a confrontarsi tempestivamente qualora i risultati economici diminuiscano e, in genere, prima che si verifichino problemi di liquidità. In tali circostanze, le opzioni a disposizione dei finanziatori possono includere:
Al contrario, nelle operazioni con strutture cov-loose, è probabile che il segnale di allarme sia attivato quando è troppo tardi. A peggiorare le cose anche il fatto che non vi è un segnale automatico nelle operazioni cov-lite. In queste due tipologie di struttura delle operazioni, un default può non verificarsi fino a quando non ci si trova in una fase molto avanzata del declino dell’impresa, probabilmente quando questa difficoltà nel pagamento degli interessi o a programmare un rimborso del suo finanziamento. In un tale scenario vi sono due implicazioni principali per i finanziatori:
Nonostante le minori tutele sui finanziamenti, i prestiti cov-lite non offrono elevati rendimenti potenziali. Storicamente, i prestiti cov-lite alle società a grande capitalizzazione sono stati valutati a un premio fino a 75 punti base4 rispetto ai prestiti covenant, ma questo premio si è eroso tra il 2016 e il 2017, quando le operazioni cov-lite sono diventate più frequenti (vedi Figura 2). Dal primo trimestre 2017, la media del rendimento medio a scadenza dei prestiti cov-lite con rating B per le società a grande capitalizzazione è diminuito fino a toccare il livello delle operazioni covenant equivalenti5.
Figura 2. La crescita dei prestiti cov-lite: cosa devono sapere gli investitori?
Fonte: Hermes e LCD a maggio 20176.
La capacità degli investitori di recuperare il valore dei prestiti cov-lite in default deve essere ancora testata all’interno di un intero ciclo economico. Un confronto sui tassi di recupero tra i prestiti senior (sia covenant sia cov-lite) e le obbligazioni garantite first-lien (interamente cov-lite) tra il 2003 e il 2016 potrebbe tuttavia fornire alcune indicazioni: la media dei recuperi sui prestiti è stata del 74% contro il 52% delle obbligazioni garantite. Questo può essere indicativo, ma non direttamente legato alla presenza o alla mancanza di maintenance convenant, date le altre differenze tra gli strumenti7.
Gli add-back sull’EBITDA sotto i riflettori
La diffusione di adeguamenti al rialzo dei profitti di una società che ha contratto un prestito è stata segnalata come un problema anche dal Comitato di Politica Finanziaria della Banca d’Inghilterra8. Conosciuti come add-back sull’EBITDA, sono presenti da lungo tempo nella documentazione dei prestiti. In passato, tali condizioni includevano la chiusura di un contratto con l’impegno di entrate future, a seguito della quale gli utili erano aggiustati al rialzo, così da fare affidamento su ricavi futuri garantiti raggiungibili.
Negli ultimi anni molto è cambiato: gli add-back sono diventati sempre di più ampi in termini di importo, definizione e periodo di realizzazione. Oggi, ad esempio, agli utili si aggiungono i risparmi attesi da iniziative della società che saranno implementate nei prossimi 18 mesi o sinergie che dovranno essere realizzate nei due anni successivi all’integrazione di una nuova acquisizione o di una ristrutturazione societaria. Questi numeri, inoltre, possono essere molto soggettivi.
Vi è quindi la possibilità di sovrastimare i benefici di attività future non definite in modo chiaro. Una sopravvalutazione degli utili può avere effetti negativi, come ad esempio:
Al momento, i finanziatori delle piccole e medie imprese esercitano un minimo di controllo sul livello di add-back sull’EBITDA: in linea generale questi devono essere certificati dai direttori finanziari o dai revisori - sulla base del livello proposto - delle società che hanno contratto un prestito. In alternativa, i finanziatori possono imporre un tetto al livello consentito per gli add-back.
Riteniamo che maintenance covenant efficaci siano una protezione essenziale per i finanziatori e per questo motivo non accettiamo mai prestiti di tipo cov-lite. Focalizzandoci sulle piccole e medie imprese – ovvero finanziamenti ad aziende con un EBITDA tra i 5 e i 75 milioni di euro annui – guardiamo a quel segmento di mercato dei leveraged-loan dove i cov-lite non sono riusciti a trovare spazio. Questo mercato è dominato da banche commerciali conservatrici e altamente regolamentate, le quali richiedono che i prestiti abbiano maintenance covenant, con livelli di headroom significativi. Inoltre, le società a media capitalizzazione non sono sufficientemente grandi da avere accesso a risorse finanziarie alternative attraverso il mercato delle obbligazioni, caratterizzato da una documentazione meno stringente.
A nostro avviso il mercato delle piccole e medie imprese offre agli investitori un rapporto rischio/rendimento più interessante e sostenibile. Offre una migliore protezione contro i ribassi rispetto al mercato delle large cap grazie ai maintenance covenant posti come condizione standard della documentazione finanziaria, oltre a offrire un reale premio per l’illiquidità.
Gli investitori devono essere consapevoli della differenza nel rischio di perdita tra prestiti cov-lite, cov-loose e covenanted senior. Sebbene queste tre tipologie di prestito offrano ai finanziatori una sicurezza di prima istanza rispetto agli asset e alle operazioni della società che ha contratto il prestito, il periodo di tempo in cui questa sicurezza più essere fatta valere in caso di inadempienza del prestito potrebbe cambiare sostanzialmente.
In aggiunta, gli investitori devono porre ai direct lender domande circa le protezioni sottostanti i prestiti presenti in portafoglio, compresa una miglior comprensione di come siano fissati i covenant. Questo non solo aumenterà la comprensione del profilo di rischio/rendimento offerto dai diversi finanziatori, ma costringerà anche i direct lender a ottenere condizioni migliori, il che a sua volta potrebbe rafforzare la protezione dei prestiti.
In Hermes non vogliamo esporre i nostri investitori ai rischi insiti nelle operazioni cov-lite e cov-loose. Investiamo esclusivamente in prestiti caratterizzati da covenant significativi, individuati principalmente sul segmento mid-market dove gli add-back sull’EBITDA sono più efficacemente controllati. Questo è il segmento dove riteniamo si possano trovare i ritorni più interessanti per i direct lender in Europa.
The views and opinions contained herein are those of Laura Vaughan, Head of Direct Lending, and may not necessarily represent views expressed or reflected in other Hermes communications, strategies or products.